Bevevano succo di lampone nel bar della hall, già più animata da un vocio di persone sedute in poltroncine di fronte alla rotonda a vetri. Sopra lo specchio del bar un orologio senza numeri ma con i punti cardinali segnala le nove e un quarto. «È tardi per lei?» ha domandato Epstein. Il giovane ha fatto cenno di no, controllando la propria immagine allo specchio.
È un aeroporto senza più voli di linea, con arredi di legno chiaro curati e vecchi, e su una parete la silhouette di un planisfero tagliato in verticale da lamelle di metallo azzurro con i fusi orari. «Vede, – ha detto Epstein accennando col bicchiere al pannello, – i fusi orari cosí servono a poco. Dovrebbero dividere lo spazio non per ore ma per azioni; per esempio, tutti quelli che in questo istante bevono succo di lampone da Tokyo a Buenos Aires dovrebbero essere raccordati da una linea tratteggiata; o tutti quelli che si sfiorano una guancia con la mano, o tutti quelli che guardano l’orologio pensando che altrove è un’altra ora. Ci vorrebbero molti più fusi, intersecanti in ogni direzione, irradiati secondo linee di azione. Questo solleverebbe ognuno dal desiderio di sapere e vedere tutti quelli che nello stesso istante stanno facendo la stessa cosa che fa lui. A volte è un desiderio struggente, come un desiderio di complicità».
Brahe si è passato un dito sul sopracciglio, ha pensato un attimo che cosa era meglio fare, poi ha detto: «Sí, ma bisognerebbe scegliere un paniere di azioni. Tutte non ci possono stare. Lei dovrebbe scegliere delle azioni campione, come dei fili attorno ai quali le altre azioni simultanee e dello stesso tipo potrebbero raggranellarsi».
Epstein ha riflettuto, poi ha detto in tono pacato: «Azioni di gioia. Anche moderata, ma solo azioni di gioia» e ha guardato in là, verso un manifesto incorniciato dove un trimotore Swissair passava a volo radente su cammello e cammelliere, fermi nel deserto.
Un aeroporto senza più voli di linea
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