L’opera, indicata come Donna seduta che stringe i piedi, raffigura una figura femminile seduta con le gambe piegate e le mani che stringono i piedi. Attraverso la sua essenzialità e la sua intensità, quest’opera si manifesta come un’indagine sulla vulnerabilità e sull’introspezione. La figura, delineata con matita su carta, si erge come uno studio sulla condizione umana.
L’immagine rivela una donna, delineata da un tratto di matita che oscilla tra la delicatezza e la decisione, colta in una posizione seduta con le gambe piegate e le mani che stringono i piedi. La figura è resa con linee nervose e taglienti, tipiche dello stile di Schiele, che ne definiscono i contorni con precisione e intensità. Il corpo è ripiegato su se stesso, creando una forma compatta che esprime introversione e vulnerabilità. Il capo è inclinato verso il basso, con un volto appena accennato, come se la figura volesse sottrarsi allo sguardo dell’osservatore. Le braccia si protendono verso il basso, convergendo sulle gambe. Le mani, poste in primo piano, sono appena abbozzate, ma esprimono una forte tensione. Le gambe, ripiegate su se stesse, contribuiscono a creare un senso di chiusura e di introspezione. La figura appare come se fosse prigioniera di se stessa, chiusa nella sua stessa intimità. La composizione, nel suo complesso, si caratterizza per la sua essenzialità e per la centralità della figura, che emerge con tutta la sua forza espressiva.
La composizione è semplice e concentrata sulla figura, che occupa quasi interamente lo spazio del foglio. Le linee, realizzate a matita su carta, sono nervose e taglienti, tipiche dello stile di Schiele, e delineano il corpo con una precisione anatomica che non rinuncia all’espressività. La postura della donna, con le gambe raccolte e le braccia che stringono i piedi, crea una forma compatta che esprime introversione e vulnerabilità. L’assenza di dettagli ambientali concentra l’attenzione sulla figura e sulla sua condizione interiore. La tecnica della matita su carta, essenziale e diretta, si adatta perfettamente all’intento introspettivo dell’opera. La postura della figura diviene uno strumento per l’espressione della vulnerabilità.
I temi centrali che emergono dall’opera sono l’introspezione, la vulnerabilità, l’auto-osservazione e la condizione femminile. La postura della donna, che stringe i piedi, suggerisce un ripiegamento su se stessa, un momento di riflessione interiore e forse di disagio esistenziale, temi cari a Schiele. L’opera si colloca pienamente nel contesto dell’Espressionismo, che privilegia l’espressione delle emozioni e delle esperienze interiori dell’artista. La rappresentazione del corpo femminile, spesso distorto e stilizzato, è un tema ricorrente nell’opera di Schiele, utilizzato per esplorare la complessità della psiche umana e la fragilità dell’esistenza. La postura della figura, che si fa mezzo di espressione di uno stato emotivo complesso, diviene elemento centrale dell’opera.
L’opera, datata 1915 (sebbene firmata 1916), si colloca in un periodo di intensa attività creativa per Schiele, caratterizzato da una profonda introspezione e da una ricerca di nuove forme espressive. La discrepanza tra la data di esecuzione e la firma è un dettaglio interessante che potrebbe suggerire una revisione successiva dell’opera o una semplice imprecisione. La provenienza ben documentata, con il timbro del collezionista Heinrich Böhler e il successivo passaggio nella collezione di Rudolf Leopold, aggiunge un ulteriore livello di interesse storico e collezionistico. La compresenza della data di esecuzione e della data di firma fa supporre una successiva revisione da parte dell’artista. Donna seduta che stringe i piedi è un’opera importante di Egon Schiele che racchiude elementi chiave del suo stile espressionista, con una particolare attenzione alla rappresentazione psicologica della figura femminile. La sua storia di provenienza ben documentata e la sua inclusione nei cataloghi ragionati la rendono un pezzo di rilievo nel patrimonio artistico del Leopold Museum. L’opera, dunque, si configura come un’intensa esplorazione dell’animo umano.
Titolo: Donna seduta che stringe i piedi
Titolo: Seated woman clasping her feet
Data: 1915 (firmata 1916)
Tecnica: Matita su carta
Dimensioni: 48 × 31.5 cm
Timbro: Timbro del collezionista Sammlung Heinrich Böhler N: 31
Inventario: Inv. 2318 del Leopold Museum
Provenienza: Sammlung Heinrich Böhler (prima del 1918-1940); Mabel Böhler, Lugano (1940-1952); Dr. Rudolf Leopold, Vienna (1952-1994); Leopold Museum-Privatstiftung (1994)
Analisi critica delle opere di Egon Schiele
SchieleArt • Donna seduta che stringe i piedi •
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Lucio Anneo Seneca Lettere a lucilio
Filosofia stoica, Filosofia morale
Diario di una scrittrice di Virginia Woolf
Questa raccolta di scritti offre uno spaccato potentissimo sull’introspezione e sul processo creativo. Woolf, come Schiele nel suo disegno, esplora la propria interiorità con una sincerità quasi dolorosa, analizzando la fragilità, l’ansia e la complessità della condizione femminile. Il diario diventa uno strumento di auto-osservazione spietata, un parallelo letterario al modo in cui Schiele usa la linea per scavare nella psiche dei suoi soggetti, mettendo a nudo l’anima senza filtri o abbellimenti.
L’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud
Essendo Schiele un prodotto della Vienna di inizio secolo, il parallelo con Freud è inevitabile. La postura ripiegata della donna, quasi fetale, può essere letta in chiave psicoanalitica come la manifestazione fisica di un conflitto inconscio, un ritorno a uno stato di protezione o la rappresentazione di un disagio psichico profondo. L’opera di Schiele non descrive solo un corpo, ma, come suggerisce Freud, usa il linguaggio visivo per rendere manifesti i contenuti latenti della mente.
La nausea di Jean-Paul Sartre
Il capolavoro di Sartre è l’esplorazione filosofica del disagio esistenziale, della sensazione che il proprio corpo e il mondo circostante diventino estranei e opprimenti. La figura disegnata da Schiele, chiusa in sé stessa, sembra incarnare perfettamente questo stato. Non è solo introspezione, ma una reazione fisica a un’angoscia profonda, un tentativo di contenere il proprio corpo per difendersi dalla gratuità e dall’assurdità dell’esistenza. L’opera diventa un’icona della Nausea sartriana.
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