Copertina per la sezione Psiconautas IlustresStanno appoggiati al reticolato. Di quando in quando uno barcolla via, e subito un altro si mette al suo posto. I più tacciono, qualcuno mendica un mozzicone di sigaretta.
Io vedo le loro figure brune, le barbe ondeggianti al vento. Nulla so di loro, se non che sono prigionieri di guerra, e ciò appunto mi turba. La loro vita è senza nome e senza colpa.
Se sapessi qualcosa di loro, come si chiamano, come vivono, che cosa aspettano, che cosa lì affligge, il mio turbamento avrebbe un senso e potrebbe diventar compassione. Ma così non sento dietro il loro volto se non il dolore della creatura, la tremenda tristezza della vita e la crudeltà degli uomini.
Un ordine ha trasformato queste figure silenziose in nemici nostri; un altro ordine potrebbe trasformarli in amici.
Intorno a un tavolo un foglio scritto viene firmato da pochi individui che nessuno di noi conosce, e per anni diventa nostro scopo supremo ciò che in ogni altro caso provocherebbe il disprezzo di tutto il mondo e la pena più grave.
Chi può più distinguere e giudicare, quando vede questi poveri esseri silenziosi coi loro volti di fanciulli e con le loro barbe d’apostoli!
Ogni sottufficiale per la sua recluta, ogni professore per i suoi alunni è un nemico peggiore che costoro non siano per noi. Eppure noi torneremmo a sparare contro di loro ed essi contro di noi, se fossero liberi…
Qui mi fermo spaventato: non debbo andare avanti. Questi pensieri conducono all’abisso. Non è ancora tempo per approfondirli; tuttavia non li voglio lasciar dileguare, li voglio serbare, chiudere in me, per quando la guerra sarà finita. Mi batte il cuore: è questo dunque lo scopo, il grande, l’unico scopo, al quale ho pensato in trincea, quello che io cercavo come sola possibilità di vita, dopo questa rovina di ogni umanità: è questo il cómpito per la nostra vita di domani, degno veramente di questi anni d’orrore?
Mi tolgo di tasca le sigarette, rompo ciascuna in due parti e le do ai russi. Si inchinano e le accendono. Ecco che sui loro visi brillano qua e là punti rossi, e mi consolano; sembrano piccole finestrelle chiare su facciate di oscure capanne, che rivelano, dentro, rifugi di pace…
I giorni passano. In una mattinata nebbiosa si fa il funerale di un russo: quasi ogni giorno ne muore qualcuno.
Sono di guardia mentre lo seppelliscono. I prigionieri cantano un corale a più voci: neppure sembrano voci, sembra un organo che risuoni da lungi sulla radura.
Il funerale è presto finito.
A sera i russi stanno di nuovo al reticolato, e il vento viene a loro dai boschi di betulle.

Crediti
 Erich Maria Remarque
 Niente di nuovo sul fronte occidentale
 Pinterest •  Copertina per la sezione Psiconautas Ilustres • rivista THC n°56




Quotes per Erich Maria Remarque

Ah, mamma mamma! Per te sarò sempre un bambino… Perché non posso appoggiare la testa sul tuo grembo, e piangere? Perché devo essere sempre il più forte e il più controllato, mentre vorrei anch'io una volta piangere e farmi consolare? Sono davvero poco più che un bambino, i miei calzoni corti stanno ancora appesi nell'armadio, è passato così poco tempo: perché tutto ciò se ne è andato per sempre?  Niente di nuovo sul fronte occidentale

Oggi nella patria della nostra giovinezza noi si camminerebbe come viaggiatori di passaggio: gli eventi ci hanno consumati; siamo divenuti accorti come mercanti, brutali come macellai. Non siamo più spensierati ma atrocemente indifferenti. Sapremmo forse vivere, nella dolce terra: ma quale vita? Abbandonati come fanciulli, disillusi come vecchi, siamo rozzi, tristi, superficiali. Io penso che siamo perduti.  Niente di nuovo sul fronte occidentale

Mio padre, ch'era un brav'uomo, mi diceva: Non perdere la tua ignoranza, non potrai mai sostituirla.