Un passo avanti nella guarigione: e lo spirito libero si accosta di nuovo alla vita, anche se lentamente, quasi a malincuore, con diffidenza. Intorno a lui tutto torna ad essere più caldo, più solare; il sentimento di sé e degli altri si acuisce, e brezze di ogni sorta spirano intorno a lui. Ha quasi la sensazione che solo ora i suoi occhi si aprano a ciò che è vicino. E stupito, e siede in silenzio: dov’era dunque? Queste cose vicine e vicinissime, come gli appaiono mutate! di quale lanugine e incanto si sono rivestite nel frattempo! Egli volge indietro lo sguardo con riconoscenza — riconoscenza per le sue peregrinazioni, per la durezza e autoestraneamento, per il suo guardar lontano e i suoi voli d’uccello nelle fredde altezze. Quanto è bene che non sia rimasto sempre «a casa», sempre «presso di sé», come un timido e ottuso perdigiorno! Egli è stato fuori di sé: non v’è dubbio. Solo ora egli vede se stesso, e quali sorprese non vi scopre! quali brividi mai provati! Quale felicità, persino nella stanchezza della vecchia malattia, nelle ricadute del convalescente! Che piacere prova, a sedere in silenziosa sofferenza, a intessere una trama di pazienza, a giacere al sole! Chi può capire meglio di lui la gioia dell’inverno, di una macchia di sole sul muro? Sono gli animali più riconoscenti del mondo, e anche i più umili, questi convalescenti e lucertole già mezzo rivolti alla vita: — tra essi v’è chi non lascia passar giorno senza appendere alla sua scia un piccolo inno di sole. E, parlando seriamente: è una cura radicale contro ogni pessimismo (che, com’è noto, è il cancro dei vecchi idealisti e dei bugiardi) ammalarsi al modo di questi spiriti liberi, restar lungamente malati e poi, ancor più lentamente, più lentamente, ritornar sani, o meglio «più sani». V’è saggezza, saggezza di vita, nel prescriversi a lungo la salute stessa a piccole dosi.
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