Quando il maschietto rivolge per la prima volta la sua curiosità verso l’enigma della vita sessuale è dominato dall’interesse per il proprio organo genitale. Egli trova questa parte del suo corpo troppo preziosa e troppo importante perché possa pensare che in altre persone, alle quali si sente così simile, manchi. Dato che non può indovinare che esiste anche un altro tipo di formazione genitale, di pari valore, deve ricorrere alla supposizione che tutte le persone, comprese le donne, posseggano un membro simile al suo. Questo preconcetto s’instaura così solidamente nel giovane investigatore che non viene distrutto neppure dalle sue prime osservazioni di genitali di piccole bambine. La percezione gli dice – è vero – che c’è qualcosa di diverso da quello che c’è in lui, ma egli non è in grado di confessare a sé stesso che il contenuto della percezione è che non riesce a trovare un membro nella bambina. Che il membro possa mancare gli sembra un’idea sconvolgente, insopportabile, e perciò egli opta per una soluzione di compromesso: il membro c’è anche nella bambina, soltanto che è molto piccolo; in seguito crescerà. Quando in successive osservazioni l’attesa non pare realizzarsi, gli si presenta un’altra via d’uscita. Il membro c’era anche nella bambina piccola, ma è stato tagliato e al suo posto è rimasta una ferita. Questo progresso della teoria utilizza ormai alcune esperienze personali di carattere penoso: il bambino ha nel frattempo udito la minaccia che gli si toglierà il prezioso organo se continua a mostrare un interesse troppo evidente per esso. Sotto l’influsso di questa minaccia di evirazione egli ora muta la sua concezione dell’organo genitale femminile; d’ora in poi tremerà per la propria virilità, ma disprezzerà altresì le infelici creature sulle quali secondo lui è già stata eseguita la temibile punizione.
Un ricordo d’infanzia di Leonardo
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