L’idea di Lacan è che il soggetto riesca a superare la condizione differenziale che lo costituisce –ontologicamente – attraverso un’immagine di sé stesso unitaria, una maschera che dà consistenza a ciò che per natura è diviso e in frammenti. Utilizzando il celebre titolo pirandelliano possiamo dire che per addomesticare un abisso pulsionale fatto di centomila pezzetti il soggetto, che è nessuno, si immagina nella forma dell’Uno. L’idea, che per molti versi non è nuova e in linea con lo zeitgeist dell’epoca, è invece doppiamente rivoluzionaria se traslata sul piano psicoanalitico per le conseguenze che comporta. Lacan rompe innanzitutto con una tradizione che immagina l’inconscio nei termini di un archivio della memoria dimenticata e postula che in principio non ci sono delle verità da portare alla luce, bensì una condizione differenziale, pre-personale, di tensioni che non vogliono dire niente e a cui il soggetto deve dare una forma per sopravvivere. Questa operazione – e qui è il secondo aspetto rivoluzionario – viene realizzata a partire dalla rivalutazione di una grave condizione patologica: la paranoia. L’io del paranoico, secondo Lacan, è identificato con un’immagine ideale e irreale di sé che genera una condizione di frustrazione patologica; il soggetto è insomma schiacciato tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere. Nelle condizioni più gravi il senso di colpa, lo svilimento e i sentimenti di indegnità sfociano nel delirio. Ciò che di inedito fa Lacan è rivalutare la condizione di partenza della situazione paranoica, vale a dire l’identificazione con un’immagine ideale di sé e di porla alla base del processo di costituzione della soggettività. Non è soltanto il paranoico a illudersi su ciò ma, più in generale, ogni soggetto per superare la condizione – di derivazione kleiniana – del corpo in frammenti («corp-morcélé») vive un’identificazione di questa specie. L’immagine rappresenta in questa fase del percorso lacaniano il mezzo attraverso cui il soggetto raggiunge la certezza illusoria di essere un Io, al posto dell’insieme disperso di pezzetti che rappresentano l’Altro da sé. Il discorso, che riguarda il ruolo ontogenetico del narcisismo primario, pone dunque alla base della formazione dell’Io l’identificazione illusoria con una maschera immaginaria in grado di dare consistenza a ciò che per natura è disperso e frammentario.
Una maschera allo specchio
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