Nei primi mesi del 2003 si poteva vedere al Getty Museum di Los Angeles una mostra di video di Bill Viola intitolata Passions. Durante un soggiorno di studio al Getty Research Institute, Viola aveva lavorato sul tema dell’espressione delle passioni, che era stato codificato nel XVII secolo da Charles Le Brun è ripreso poi nel XIX secolo, su base scientifico-sperimentale, da Duchenne de Boulogne e da Darwin. Risultato di questo periodo di studio erano i video esposti nella mostra. A prima vista, le immagini sullo schermo sembravano immobili, ma, dopo qualche secondo, esse cominciavano quasi impercettibilmente ad animarsi. Lo spettatore si rendeva allora conto che, in realtà, esse erano sempre state in movimento e che soltanto l’estremo rallentamento, dilatando il momento temporale, le faceva sembrare immobili. Questo spiega l’impressione insieme di familiarità e di estraneazione che le immagini suscitavano: era come se, entrando nelle sale di un museo dove erano esposte le tele di antichi maestri, queste cominciassero per miracolo a muoversi.
A questo punto, se aveva qualche familiarità con la storia dell’arte, lo spettatore riconosceva nelle tre figure estenuate di Emergence la Pietà di Masolino, nel quintetto attonito degli Astonished il Cristo deriso di Bosch, nella coppia piangente della Dolorosa il dittico attribuito a Dieric Bouts nella National Gallery di Londra. Decisiva ogni volta non era, però, tanto la trasposizione in abiti moderni, quanto la messa in movimento del tema iconografico. Sotto gli occhi increduli dello spettatore, il musée imaginaire diventava musée cinématographique.
In quanto l’evento che essi presentano può durare fino a una ventina di minuti, questi video esigono un’attenzione a cui non siamo più abituati. Se, come Benjamin ha mostrato, la riproduzione dell’opera d’arte si accontenta di uno spettatore distratto, i video di Viola costringono invece lo spettatore a un’attesa – e a un’attenzione – insolitamente lunghe. Se è entrato alla fine, egli – come si faceva al cinema da bambini – se sentirà obbligato a rivedere il video dall’inizio. In questo modo l’immobile tema iconografico si trasforma in storia. Ciò appare in modo esemplare in Greetings, un video esposto alla Biennale di Venezia nel 1995. Qui lo spettatore poteva vedere le figure femminili, che la Visitazione di Pontormo ci presenta intrecciate, mentre si avvicinano lentamente l’una all’altra, fino a comporre alla fine il tema iconografico della tela di Carmignano.
Lo spettatore a questo punto si rende conto con sorpresa che a catturare la sua attenzione non è soltanto l’animazione di immagini che era abituato a considerare immobili. Si tratta, piuttosto, di una trasformazione che concerne la loro stessa natura. Quando, alla fine, il tema iconografico è stato ricomposto e le immagini sembrano arrestarsi, esse si sono in realtà caricate di tempo fin quasi a scoppiare e proprio questa saturazione cairologica imprime loro una sorta di tremito, che costituisce la loro aura particolare. Ogni istante, ogni immagine anticipa virtualmente il suo svolgimento futuro e ricorda i suoi gesti precedenti. Se si dovesse definire in una formula la prestazione specifica dei video di Viola, si potrebbe dire che essi non inseriscono le immagini nel tempo, ma il tempo nelle immagini.
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