Vade retro virus
Vorrei osservare come la narrazione mediatica abbia contribuito alla percezione e ricezione del virus. Abbiamo assistito ad alcuni passaggi mediatici fondamentali. Il primo capitolo risale alla fine di gennaio, ed è collegato alla diffusione della notizia allo scoppio dell’epidemia in Cina, con conseguente narrazione apocalittica di quanto stava avvenendo all’epicentro dell’infezione: le imponenti misure di contenimento prese dal governo cinese, l’epopea dei connazionali intrappolati dalla quarantena, il prodigio dell’ospedale costruito in dieci giorni, la narratio di un evento sconvolgente ma tutto sommato lontano. I media nostrani hanno imbastito una comunicazione a tinte forti, complice il fatto che si trattava comunque di un avvenimento remoto. Il secondo capitolo è iniziato quando, nella terza decade di febbraio, la malattia è arrivata davvero in Italia. Per alcuni giorni, i mezzi di comunicazione di massa, soprattutto quotidiani e televisione, si sono scatenati in una sorta di vero e proprio sabba incontrollato. I titoli delle prime pagine di alcuni dei principali quotidiani erano: Italia infetta. In Veneto il primo morto di coronavirus; Virus, il Nord nella paura; Contagi e morte, il morbo è tra noi; Vade retro virus. Primo morto: un 77enne a Padova; Avanza il virus, Nord in quarantena. Ovviamente, nessuna di queste è una fake news tout court, quanto piuttosto il prodotto di una precisa scelta di cornice narrativa. I mezzi di comunicazione di massa, in quei giorni, hanno contribuito a definire il tono della conversazione pubblica. E non solo le persone comuni sui social hanno iniziato ad alimentare il fuoco della paranoia collettiva con contatori di defunti di coronavirus, con ipotesi di complotto, con uscite xenofobe; anche numerosi esperti hanno ceduto alla tentazione di richiamare su di sé l’attenzione con dichiarazioni non sempre condivisibili e in più di un caso sopra le righe, cadendo anche in contraddizione con sé stessi a distanza di pochi giorni. Si giunge così alla terza fase. Sono arrivati, sia a livello politico che sanitario, inviti ai media ad abbassare e contenere i toni. È chiaro che in questo momento si sono sovrapposte varie esigenze: quella di contenere il contagio, ma anche quella di minimizzare i danni economici e politici della situazione: improvvisamente, infatti, gli italiani si sono ritrovati a essere appestati del mondo, con gravissime conseguenze di immagine. Quella che superficialmente potrebbe sembrare la sostituzione di un certo tipo di notizie con altre è piuttosto dunque un caso di reframing, a dimostrazione di come le stesse informazioni possano essere, con qualche accortezza, date in maniera radicalmente differente, se non opposta, senza che questo comporti per forza una loro distorsione.

Crediti
 Vera Gheno
 SchieleArt •   •