Veročka ebbe un sogno

Sognò di essere rinchiusa in un sotterraneo umido e buio. D’improvviso la porta si spalancò, e Veročka uscì all’aperto, cominciò a correre e a saltare, pensando: «Come non sono morta nel sotterraneo? Forse, non avevo mai visto i campi. Se li avessi visti, sarei morta di certo in quel sotterraneo!». E continuò a correre e a saltare. Sognò, poi, di essere diventata paralitica e di pensare: «Come mai? La paralisi colpisce i vecchi, non i giovani». «Anche i giovani, spesso anche i giovani, — mormorò una voce sconosciuta, — ma presto guarirai; anzi, guarda, ti tocco il braccio, sei già guarita, alzati!». Ma chi sta parlando? Oh, come tutto è leggero! Ecco, il male è passato. E Veročka si alza, cammina, corre di nuovo per i campi, salta e di nuovo pensa: «Ma come ho potuto sopportare la paralisi? Forse, sono nata paralitica, e non ho mai saputo come si camminasse e corresse; se l’avessi saputo, di certo non avrei resistito!». E continua a correre, a saltare. Ma ecco venire per il campo una ragazza — com’è strano! — che si trasforma continuamente nel viso e nei gesti: ora è inglese, ora francese, o tedesca, o polacca, poi diventa russa e poi, di nuovo, inglese, o tedesca, o russa; ma come mai conserva sempre lo stesso volto? Un’inglese è diversa da una francese, e una tedesca da una russa, e lei muta volto, ma rimane sempre uguale… com’è strano! E l’espressione del volto cambia continuamente: eccola ora mite, ora adirata, ora malinconica, ora gioconda, ma sempre molto buona. Perfino quando s’adira è sempre buona. E molto bella! E diventa sempre più bella a mano a mano che si trasforma. Si avvicina a Veročka. «Chi sei?». «Prima lui mi chiamava: Vera Pavlovna, ora mi chiama: amica mia». «Ah, sei tu quella Veročka che mi ama?». «Sì, l’amo molto, ma lei chi è?». «Sono la fidanzata del tuo fidanzato». «Quale fidanzato?». «Non lo so. Io non conosco i miei fidanzati. Essi mi conoscono, ma io non posso, perché sono troppi. Scegline uno tra loro, quello che preferisci, purché sia uno di loro». «Ho scelto..».. «Non importa il nome, tanto non li conosco; soltanto scegli tra loro. Io voglio che le mie sorelle e i miei fidanzati si scelgano solo tra loro. Eri in un sotterraneo? Eri paralitica?». «». «Ma ora sei libera?». «». «Bene, sono stata io a liberarti, a guarirti. Ricordati che ancora molte sorelle sono prigioniere, paralitiche. Guariscile, liberale! Lo farai?». «Sì, lo farò. Ma lei come si chiama? Ho tanto desiderio di saperlo». «Ho molti nomi diversi e dico a ognuno come preferisco essere chiamata. Tu chiamami amore per gli uomini. Questo è il mio vero nome. Pochi mi chiamano così, e tu sei tra loro». Veročka si avvia verso la città. Ed ecco un sotterraneo, in cui sono rinchiuse molte fanciulle. Veročka tocca il chiavistello, e il ferro cede subito. «Uscite!», e le ragazze escono. Ecco una stanza, in cui giacciono molte ragazze paralitiche: «Alzatevi!» ed esse si alzano, cominciano a camminare, a correre per i campi e a saltare. Che gioia! Veročka è molto più felice con loro che da sola! Che allegria!

Crediti
 Nikolaj Gavrilovič Černyševskij
 Che fare?
  traduzione e cura di Ignazio Ambrogio
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