Jung stava invece percorrendo una strada differente, quella della riscoperta di una spiritualità che, secondo Nietzsche, era morta. Il pensiero di Nietzsche aveva colpito profondamente Jung, spingendolo a esplorare le dimensioni spirituali dell’esperienza umana. Mentre Freud, con la sua formazione scientifica e il suo approccio razionale, non riusciva a concepire questa dimensione della religiosità, Jung si apriva a un mondo di simboli e archetipi che collegavano l’individuo a tradizioni antiche e universali.
Freud, a causa della sua struttura di personalità e della sua formazione, tendeva a vedere la religione come una costruzione nevrotica, un’illusione creata per affrontare le ansie esistenziali. La sua visione era profondamente influenzata dalla mentalità illuministica e positivistica, che rifiutava qualsiasi forma di conoscenza non basata su prove empiriche e scientifiche. Al contrario, Jung ipotizzava l’esistenza di una coscienza ultrasensibile, animata da archetipi eterni, capaci di plasmare la psiche umana. Questi archetipi, secondo Jung, rappresentano modelli universali di esperienza che si manifestano attraverso i sogni, i miti e le tradizioni culturali.
La nozione di archetipo era per Jung fondamentale, poiché riattivava l’antico convincimento dell’Anima Mundi, una forza vitale che nutre sia la natura che gli uomini. Questa idea si opponeva nettamente alle concezioni illuministiche e positivistiche, che tendevano a ridurre il mondo a un insieme di fenomeni materiali privi di significato trascendente. Jung vedeva gli archetipi come strumenti attraverso cui l’inconscio collettivo comunicava con l’individuo, permettendo di accedere a una saggezza antica e universale.
Il contrasto tra Jung e Freud si manifestava anche nella loro concezione del processo terapeutico. Freud si concentrava principalmente sulla ristrutturazione dei conflitti intrapsichici e sulla risoluzione delle nevrosi attraverso l’analisi. Al contrario, Jung abbracciava una visione più olistica e integrativa, in cui il processo terapeutico non si limitava alla risoluzione dei sintomi, ma mirava a favorire un viaggio di scoperta interiore e di realizzazione personale. Per Jung, la terapia doveva includere l’esplorazione della spiritualità e delle dimensioni simboliche, aiutando l’individuo a riconnettersi con la propria anima e con il mondo.
Questi contrasti erano sufficienti all’epoca di Freud per escludere Jung dalla sua cerchia. La sua apertura verso la spiritualità e il suo interesse per le tradizioni antiche risultavano inaccettabili per un pensatore come Freud, che vedeva in questo approccio una forma di irrazionalità. La rottura tra i due non fu solo una questione di divergenza teorica, ma rappresentò anche una frattura tra due visioni del mondo radicalmente diverse, una che si ancorava alla razionalità e all’empirismo e l’altra che abbracciava la complessità e la ricchezza dell’esperienza umana.
In sintesi, il contrasto tra Jung e Freud riflette non solo le loro differenze personali e professionali, ma anche le tensioni culturali e filosofiche del loro tempo. Mentre Freud cercava di liberare l’individuo dalle illusioni religiose e dalle nevrosi, Jung cercava di riconnettere l’essere umano con le sue radici spirituali e simboliche. Questo dibattito continua a influenzare la psicologia contemporanea, invitando a una riflessione più profonda sulla natura della psiche e sulla ricerca di significato nella vita umana.
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