Volontà-di-vivere degli esclusi. Totalità ed esteriorità

Le vittime del sistema politico vigente non-possono-vivere pienamente (per questo sono vittime). La loro volontà-di-vivere è stata negata dalla volontà-di-potere dei potenti. Questa volontà-divivere contro tutte le avversità, il dolore e l’imminente morte si trasforma in una infinita fonte di creazione del nuovo. Colui che non ha nulla da perdere è l’unico assolutamente libero davanti al futuro. La volontà dei soggetti singoli nei movimenti, nel popolo, torna ad acquisire l’ethos del coraggio, dell’audacia, della creatività. La prima determinazione del potere è la volontà. Il popolo la recupera nei momenti congiunturali delle grandi trasformazioni.
Il sistema politico, l’ordine vigente, si chiude in fine su di sé come una Totalità. Emmanuel Levinas, nella sua opera Totalità e infinito. Saggio sull’esteriorità, descrive il processo di totalizzazione totalitaria della Totalità come esclusione dell’Altro. Il popolo conserva per questo una complessa posizione. Da una parte, è il blocco sociale degli oppressi (per esempio la classe operaia), ma allo stesso tempo sono gli esclusi (per esempio i marginali, i popoli indigeni che sopravvivono nell’autoproduzione e nell’autoconsumo, ecc.).
La conatio vitae conservandi (impulso a conservare la vita) si trasforma in un impulso vitale straordinario. Rompe i muri della Totalità e apre nel limite del sistema un ambito per il quale l’Esteriorità irrompe nella storia.
Coloro che stanno fuori, come nulla spettrali, ignorati, invisibili; «sono figure che non esistono per l’economia politica borghese, – spiega Marx -, ma soltanto per altri occhi»; «il semplice uomo da lavoro, che può quindi quotidianamente precipitare la sua non-esistenza sociale e perciò reale dal niente adempiuto nel niente assoluto». Il popolo, prima della sua lotta, è ignorato, non esiste, è una cosa a disposizione dei potenti.
Questa volontà è la prima determinazione di un momento di sviluppo del concetto di potere. La semplice potentia si trasforma in qualcosa di nuovo, distinto, che opera a partire dagli oppressi, dagli esclusi, dall’esteriorità. Volontà come volere che l’Altro viva; volontà metafisica come solidarietà, come creazione.

Le vittime del sistema politico vigente non-possono-vivere pienamente (per questo sono vittime). La loro volontà-di-vivere è stata negata dalla volontà-di-potere dei potenti. Questa volontà-divivere contro tutte le avversità, il dolore e l’imminente morte si trasforma in una infinita fonte di creazione del nuovo. Colui che non ha nulla da perdere è l’unico assolutamente libero davanti al futuro. La volontà dei soggetti singoli nei movimenti, nel popolo, torna ad acquisire l’ethos del coraggio, dell’audacia, della creatività. La prima determinazione del potere è la volontà. Il popolo la recupera nei momenti congiunturali delle grandi trasformazioni.
Il sistema politico, l’ordine vigente, si chiude in fine su di sé come una Totalità. Emmanuel Levinas, nella sua opera Totalità e infinito. Saggio sull’esteriorità, descrive il processo di totalizzazione totalitaria della Totalità come esclusione dell’Altro. Il popolo conserva per questo una complessa posizione. Da una parte, è il blocco sociale degli oppressi (per esempio la classe operaia), ma allo stesso tempo sono gli esclusi (per esempio i marginali, i popoli indigeni che sopravvivono nell’autoproduzione e nell’autoconsumo, ecc.).
La conatio vitae conservandi (impulso a conservare la vita) si trasforma in un impulso vitale straordinario. Rompe i muri della Totalità e apre nel limite del sistema un ambito per il quale l’Esteriorità irrompe nella storia.
Coloro che stanno fuori, come nulla spettrali, ignorati, invisibili; «sono figure che non esistono per l’economia politica borghese, – spiega Marx -, ma soltanto per altri occhi»; «il semplice uomo da lavoro, che può quindi quotidianamente precipitare la sua non-esistenza sociale e perciò reale dal niente adempiuto nel niente assoluto». Il popolo, prima della sua lotta, è ignorato, non esiste, è una cosa a disposizione dei potenti.
Questa volontà è la prima determinazione di un momento di sviluppo del concetto di potere. La semplice potentia si trasforma in qualcosa di nuovo, distinto, che opera a partire dagli oppressi, dagli esclusi, dall’esteriorità. Volontà come volere che l’Altro viva; volontà metafisica come solidarietà, come creazione.
Il consenso critico dei negati

Ma il potere liberatore è qualcosa di più. Esige la forza unificante del consenso: Il popolo non sarà mai sconfitto! Il potere dominante si fonda su una comunità politica che, quando era egemonica, si unificava con il consenso. Quando gli oppressi ed esclusi prendono coscienza della loro situazione, diventano dissidenti. La dissidenza fa perdere il consenso del potere egemonico, il quale, senza obbedienza si trasforma in potere feticizzato, dominatore, repressore. I movimenti, settori, comunità, che formano il popolo crescono in coscienza della dominazione del sistema.
Se la validità etica o la legittimità politica si fondano sulla partecipazione simmetrica dei coinvolti per raggiungere accordi per mezzo di ragioni, è noto che questa validità o legittimità non può essere perfetta. Né la simmetria né la partecipazione perfetta di tutti i coinvolti è possibile. Necessariamente, data la finitezza della condizione umana, ogni legittimità è relativa, imperfetta, fallibile. Da parte sua l’escluso, per definizione, non può partecipare alla decisione dell’accordo che lo esclude. Ma può formare una comunità nel suo movimento, settore, classe, nel popolo. Le femministe riescono a prendere coscienza del patriarcalismo maschilista anche contro la cultura patriarcale imperante. La sua coscienza critica crea un consenso critico nella sua comunità oppressa, che adesso si oppone come dissidenza al consenso dominante. Si tratta di una crisi di legittimità, crisi di egemonia, caos precedente e che anticipa la creazione del nuovo ordine.
Questo consenso critico del popolo non poté essere scoperto né dalla prima Scuola di Francoforte, né da K. -0. Apel o J. Habermas. Per questo, non poterono articolare la teoria critica con gli attori politici storici (che loro non ebbero più con la scomparsa, a causa dell’Olocausto, della comunità ebraica e con l’integrazione della classe operaia nel miracolo tedesco). Noi, invece, dobbiamo articolarci a questo attore collettivo, blocco, che nasce e può scomparire secondo le congiunture, chiamato popolo, o nuovi movimenti sociali di grande vitalità, che costruiscono il potere dal basso.
Il popolo prenda, quindi, coscienza di-sé. Ricostruisce la memoria delle sue gesta, fatti dimenticati e occultati nella storia dei vincitori – come insegna Walter Benjamin. Non è più soltanto la coscienza della classe contadina, dei popoli indigeni, delle femministe, degli antirazzisti, dei marginali… di tutti quei fantasmi che vagano nell’esteriorità del sistema. Ma la coscienza di essere popolo.

Ma il potere liberatore è qualcosa di più. Esige la forza unificante del consenso: Il popolo non sarà mai sconfitto! Il potere dominante si fonda su una comunità politica che, quando era egemonica, si unificava con il consenso. Quando gli oppressi ed esclusi prendono coscienza della loro situazione, diventano dissidenti. La dissidenza fa perdere il consenso del potere egemonico, il quale, senza obbedienza si trasforma in potere feticizzato, dominatore, repressore. I movimenti, settori, comunità, che formano il popolo crescono in coscienza della dominazione del sistema.
Se la validità etica o la legittimità politica si fondano sulla partecipazione simmetrica dei coinvolti per raggiungere accordi per mezzo di ragioni, è noto che questa validità o legittimità non può essere perfetta. Né la simmetria né la partecipazione perfetta di tutti i coinvolti è possibile. Necessariamente, data la finitezza della condizione umana, ogni legittimità è relativa, imperfetta, fallibile. Da parte sua l’escluso, per definizione, non può partecipare alla decisione dell’accordo che lo esclude. Ma può formare una comunità nel suo movimento, settore, classe, nel popolo. Le femministe riescono a prendere coscienza del patriarcalismo maschilista anche contro la cultura patriarcale imperante. La sua coscienza critica crea un consenso critico nella sua comunità oppressa, che adesso si oppone come dissidenza al consenso dominante. Si tratta di una crisi di legittimità, crisi di egemonia, caos precedente e che anticipa la creazione del nuovo ordine.
Questo consenso critico del popolo non poté essere scoperto né dalla prima Scuola di Francoforte, né da K. -0. Apel o J. Habermas. Per questo, non poterono articolare la teoria critica con gli attori politici storici (che loro non ebbero più con la scomparsa, a causa dell’Olocausto, della comunità ebraica e con l’integrazione della classe operaia nel miracolo tedesco). Noi, invece, dobbiamo articolarci a questo attore collettivo, blocco, che nasce e può scomparire secondo le congiunture, chiamato popolo, o nuovi movimenti sociali di grande vitalità, che costruiscono il potere dal basso.
Il popolo prenda, quindi, coscienza di-sé. Ricostruisce la memoria delle sue gesta, fatti dimenticati e occultati nella storia dei vincitori – come insegna Walter Benjamin. Non è più soltanto la coscienza della classe contadina, dei popoli indigeni, delle femministe, degli antirazzisti, dei marginali… di tutti quei fantasmi che vagano nell’esteriorità del sistema. Ma la coscienza di essere popolo.
L'efficacia dei deboli. Hypotentia delle vittime in 'stato di ribellione'

Se a] alla Volontà-di-Vita e b] al consenso critico della situazione in cui si trovano e dei motivi della lotta e del progetto del nuovo ordine (perché un altro mondo è possibile), si aggiunge la scoperta nella lotta stessa di c] la fattibilità della liberazione, del raggiungere una nuova egemonia, di trasformare (la Veränderung di Marx nelle sue Tesi su Feuerbach) in maniera parziale o radicale (e in questo ultimo caso può parlarsi di rivoluzione) l’ordine politico vigente, abbiamo le tre determinazioni del potere del popolo, dell’iperpotentia.
Se la potentia è una capacità della comunità politica, adesso dominante, che ha organizzato la potestas a favore dei suoi interessi e contro il popolo emergente, la iperpotentia è il potere del popolo, la sovranità e autorità del popolo (che A. Negri elimina semplicemente invece di porlo nel suo giusto posto – Hardlt-Negri, 2004, opta per eliminare la sovranità e l’autorità come determinazioni dello Stato dominatore. Invece, si dOvrebbe porle nella comunità politica, e adesso nel popolo propriamente detto. Il sovrano e l’ultimo riferimento dell’autorità è il popolo stesso. -) che emerge nei momenti creatori della storia per inaugurare grandi trasformazioni o rivoluzioni radicali. È il tempo-ora messianico di W. Benjarnin. I nemici del sistema (il popolo emergente) sono adesso gli amici di coloro che si battono per la liberazione (gli intellettuali organici). I suoi antichi amici (la famiglia faraonica di Mosé) diventano i suoi nemici e li perseguitano. La persecuzione dell’innocente giusto (di M. Hidalgo al quale tagliarono la testa con l’accanimento e la esibirono in pubblico come segno di umiliazione e castigo) è il tema che sviluppa E. Levinas nella sua opera Altrimenti che essere o al di là dell’essenza, dove il politico responsabile della liberazione del popolo è preso come ostaggio, poiché occupando il posto dell’altro, del popolo, lo ha sostituito. Temi della politica della liberazione che devono essere sviluppati.
Tutto comincia quando appare fenomenicamente, alla luce del giorno, la iperpotentia come stato di ribellione (al di là dello stato di diritto e dello stato di eccezione). Contro il liberalismo che feticizza lo stato di diritto (al di sopra della vita degli esclusi). C. Schmitt propose il caso dello stato di eccezione per mostrare che dietro la legge c’è una volontà costituente. G. Agamben continua con l’argomento. Desideriamo sviluppare il discorso fino alle ultime conseguenze.
Si deve mostrare come il popolo può lasciare in sospeso lo stato di eccezione a partire da quello che chiamerò stato di ribellione. A Buenos Aires, il popolo argentino, ingannato dal Banco Mondiale e dal FMI, strumenti dell’impero e di una elite nazionale feticizzata, il 20 dicembre 2001 scese per le strade in massa per opporsi a un decreto che dichiarava lo stato di eccezione per paralizzare le mobilitazioni. Sotto lo slogan: Se ne vadano tutti! (cioè, la iperpotentia ricordava alla potestas chi è l’ultima istanza del potere), cadde il governo di Fernando de la Rua; cioè lo stato di ribellione lasciò senza alcun effetto lo stato di eccezione. La volontà di auctoritas delegata – per ricordare la distinzione di Agamben – rimase annullata da una volontà precedente: la volontà del popolo, il potere come iperpotentia.
Il popolo, quindi, appare come l’attore collettivo, non sostanziale né metafisico, bensì congiunturale, come un blocco che si manifesta e scompare, con il nuovo potere che sta sotto la prassi di liberazione contro la dominazione e della trasformazione delle istituzioni, tema delle prossime tesi.

Se a] alla Volontà-di-Vita e b] al consenso critico della situazione in cui si trovano e dei motivi della lotta e del progetto del nuovo ordine (perché un altro mondo è possibile), si aggiunge la scoperta nella lotta stessa di c] la fattibilità della liberazione, del raggiungere una nuova egemonia, di trasformare (la Veränderung di Marx nelle sue Tesi su Feuerbach) in maniera parziale o radicale (e in questo ultimo caso può parlarsi di rivoluzione) l’ordine politico vigente, abbiamo le tre determinazioni del potere del popolo, dell’iperpotentia.
Se la potentia è una capacità della comunità politica, adesso dominante, che ha organizzato la potestas a favore dei suoi interessi e contro il popolo emergente, la iperpotentia è il potere del popolo, la sovranità e autorità del popolo (che A. Negri elimina semplicemente invece di porlo nel suo giusto posto – Hardlt-Negri, 2004, opta per eliminare la sovranità e l’autorità come determinazioni dello Stato dominatore. Invece, si dOvrebbe porle nella comunità politica, e adesso nel popolo propriamente detto. Il sovrano e l’ultimo riferimento dell’autorità è il popolo stesso. -) che emerge nei momenti creatori della storia per inaugurare grandi trasformazioni o rivoluzioni radicali. È il tempo-ora messianico di W. Benjarnin. I nemici del sistema (il popolo emergente) sono adesso gli amici di coloro che si battono per la liberazione (gli intellettuali organici). I suoi antichi amici (la famiglia faraonica di Mosé) diventano i suoi nemici e li perseguitano. La persecuzione dell’innocente giusto (di M. Hidalgo al quale tagliarono la testa con l’accanimento e la esibirono in pubblico come segno di umiliazione e castigo) è il tema che sviluppa E. Levinas nella sua opera Altrimenti che essere o al di là dell’essenza, dove il politico responsabile della liberazione del popolo è preso come ostaggio, poiché occupando il posto dell’altro, del popolo, lo ha sostituito. Temi della politica della liberazione che devono essere sviluppati.
Tutto comincia quando appare fenomenicamente, alla luce del giorno, la iperpotentia come stato di ribellione (al di là dello stato di diritto e dello stato di eccezione). Contro il liberalismo che feticizza lo stato di diritto (al di sopra della vita degli esclusi). C. Schmitt propose il caso dello stato di eccezione per mostrare che dietro la legge c’è una volontà costituente. G. Agamben continua con l’argomento. Desideriamo sviluppare il discorso fino alle ultime conseguenze.
Si deve mostrare come il popolo può lasciare in sospeso lo stato di eccezione a partire da quello che chiamerò stato di ribellione. A Buenos Aires, il popolo argentino, ingannato dal Banco Mondiale e dal FMI, strumenti dell’impero e di una elite nazionale feticizzata, il 20 dicembre 2001 scese per le strade in massa per opporsi a un decreto che dichiarava lo stato di eccezione per paralizzare le mobilitazioni. Sotto lo slogan: Se ne vadano tutti! (cioè, la iperpotentia ricordava alla potestas chi è l’ultima istanza del potere), cadde il governo di Fernando de la Rua; cioè lo stato di ribellione lasciò senza alcun effetto lo stato di eccezione. La volontà di auctoritas delegata – per ricordare la distinzione di Agamben – rimase annullata da una volontà precedente: la volontà del popolo, il potere come iperpotentia.
Il popolo, quindi, appare come l’attore collettivo, non sostanziale né metafisico, bensì congiunturale, come un blocco che si manifesta e scompare, con il nuovo potere che sta sotto la prassi di liberazione contro la dominazione e della trasformazione delle istituzioni, tema delle prossime tesi.
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